Meccanica e green economy: utopia?

luglio 15, 2021
Utopico è forse non seguire il trend del momento in cui la sostenibilità e la digitalizzazione la fanno da padrone. Abbattere le emissioni da carbone fossile è imperativo al momento e l’Europa ha come obiettivo quello di diventare leader nella transizione diventando il primo continente zero emissioni entro il 2050. Un traguardo certamente ambizioso, ma che si dimostra necessario a fronte della situazione critica nella quale riversa il nostro paese. Certo, come ben sappiamo è complesso attuare un cambiamento così importante senza avere dei risultati scadenzati da raggiungere. Infatti, dal 2015, quando è stata affrontata questa tematica per la prima volta, si è dovuto attendere fino al 2020 per l’approvazione del Green Deal e, al 2030, si dovrà raggiungere il più del 70% di utilizzo di elettricità proveniente da energia rinnovabile. Ovviamente, tutti questi appuntamenti sono anche accompagnati da un cospicuo aumento dei prezzi dell’anidride carbonica sul mercato. Questo perché il fine ultimo è renderne l’acquisto talmente svantaggioso, rispetto alla riconversione, da obbligare le aziende a procedere con la transizione. Il principio è chi inquina paga, ma attenzione, perché importare materia prima da stati con restrizioni meno stringenti non vale. L’Europa ha pensato anche a questo, infatti nel CBAM (Carbon Border Adjustment Mechanism), ancora in bozza, viene descritto che l’importazione a prezzi vantaggiosi da stati inquinatori, perché non soggetta a tassazione, avrà un adeguamento in tale senso per proteggere il mercato europeo. Questo secondo l’UE dovrebbe spronare alla decarbonizzazione e proteggere il mercato interno durante questa delicata fase.

Il punto della situazione: il mercato globale

Certo quello nel quale viviamo è un momento di assestamento strategico dei mercati, dopo una prima fase di arresto, la ripartenza è stata repentina ed è ancora in costante crescita.

Di crisi ne abbiamo viste molte nella storia, la più recente è quella del 2008 in cui molti di noi si sono scottati per bene, ma mai avevamo vissuto una ripartenza così repentina. Sicuramente, il lavoro da remoto ha aiutato il manifatturiero a sopravvivere e a continuare a produrre. In fin dei conti, i consumatori non hanno mai smesso di acquistare, hanno solo puntato più sui prodotti che sui servizi, dovendo stare più tempo a casa. Oltre a questo, c’è la politica di stimolo e l’iniezione di liquidità condotta dalle banche centrali che sta giocando un ruolo strategico in tutta questa ripresa. Il fatto è che bisogna capire quanto durerà questa impennata e se mai si stabilizzerà.

Analizzando quanto sta succedendo nel mondo al di fuori dell’Europa, abbiamo da un lato una Cina che pensa a una politica di globalizzazione e a una sorta di protezionismo della propria economia interna, garantendosi le materie prime necessarie, diventando così leader anche nell’export. Dall’altro, abbiamo gli USA da sempre potenza leader, che però durante la presidenza di Trump si era un po’ chiusa su sé stessa, limitando i rapporti con l’Europa e tranciando quelli con la Russia. Al momento la situazione politica è cambiata, ma lo stesso non sembra essere avvenuto a livello strategico di mercato. Dal canto nostro, noi europei, da sempre diffidenti e cauti nelle nostre scelte, guardiamo gli Stati Uniti ancora con la dovuta distanza. In effetti siamo tra due fuochi, da un lato Biden, che blocca i dazi sulle merci in entrata e dall’altro una Russia che fa comodo tenere tranquilla a livello di approvvigionamento strategico di energia. L’Europa, da sempre in mezzo a due grandi potenze non può sbilanciarsi troppo, perché da un lato con gli USA si fanno dei buoni affari, dall’altro la Russia è il primo fornitore di energia con il cosiddetto Oleodotto dell’Amicizia che rifornisce il nostro continente.

Oltre agli aspetti economici, bisogna considerare che non siamo ancora totalmente fuori dalla pandemia e che ci sono ancora molti paesi in via di sviluppo, in cui le vaccinazioni non sono accessibili a tutta la popolazione. Il che va visto in un’ottica internazionale, perché alcuni stati con grande potenziale produttivo e mercato fertile potrebbero essere causa di rallentamenti.

D’altro canto non dimentichiamoci della transizione energetica iniziata un po’ ovunque a livello internazionale, perché questa ha causato l’aumento dei prezzi di trasporto delle merci via mare. Infatti, il 90% degli scambi di merci tra stati avviene in questo modo, pensiamo solo al caso della nave che ha bloccato il canale di Suez. Oltre a questo, i rincari sono dovuti al passaggio a carburanti rinnovabili e alla necessità di convertire o riacquistare i mezzi di trasporto.

Green Steel e Rottame: la meccanica in ottica di economia verde

Poco sopra abbiamo analizzato il tema della concorrenza sleale sullo scenario internazionale, ma una riflessione sorge spontanea, che fine hanno fatto gli accordi di Parigi? Sono ancora in atto e nonostante tutti i paesi ne facciano parte, ci sono ancora delle politiche discordanti per il raggiungimento del comune obiettivo di mantenere la temperatura globale sotto i 2°C, limitandola a 1,5°C. La politica attuata dall’Unione europea con la volontà di introdurre il CBAM è vista da parte degli altri stati come protezionistica della propria economia, il che potrebbe portare al destabilizzarsi di molti equilibri internazionali. Importare sarà più complesso, acquistare più costoso, i lead time aumenteranno e bisognerà adeguare i prezzi di vendita, rischiando magari anche di non essere competitivi per l’oltreoceano. Tuttavia, dovremmo anche analizzare il rovescio della medaglia: la possibilità di offrire servizi altamente specializzati come la prototipazione e il co-design per essere comunque competitivi sul mercato globale.

La sostenibilità non è solo un trend, ma è un vero e proprio modo di fare impresa, infatti l’80% delle aziende si sta muovendo in questa direzione. Se pensiamo a tutta l’industria che ruota attorno all’acciaio, questa è per forza sostenibile nella misura nella quale la materia prima può essere riciclata al 100% mediante fusione in forni elettrici. L’agente inquinante è quindi rappresentato dalla produzione e dalle lavorazioni in generale. Bisogna quindi andare nella direzione di fare investimenti e di specializzare il capitale umano per permettere di raggiungere una totale decarbonizzazione. Assodato che l’acciaio continuerà sempre a essere utilizzato, dovrà diventare di produzione green, quindi saranno i processi industriali a fare la differenza e questo è necessario che accada velocemente. Il Nord Europa sta già andando in questa direzione, implementando piani industriali per l’utilizzo dell’idrogeno come fonte energetica per alimentare gli stabilimenti.

Secondo noi pensare in ottica sostenibile è un qualcosa al quale dobbiamo abituarci il più velocemente possibile, perché sta già avendo un impatto sulla vita lavorativa e produttiva di tutto il nostro comparto. Pensate che sia doveroso adattarsi a questo trend o credete che sia solo una cosa momentanea e utopica?

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